Affrontare la Fase 2. I consigli di un’esperta di psicologia dell’emergenza
La minaccia Coronavirus ha influenzato profondamente il nostro stato emotivo generando nuove ansie e preoccupazioni. Come reagire? E cosa ci serve per ripartire? Isabel Fernandez, psicoterapeuta e presidente di Emdr Italia, è un’esperta di psicologia dell’emergenza. In questa intervista i suoi consigli per affrontare la Fase 2 e riprendere con serenità la vita quotidiana
Isabel Fernandez è psicoterapeuta e presidente dell’Associazione Emdr Italia. Questa Società scientifica riunisce oltre 7000 psicoterapeuti specializzati di altissimo livello che intervengono dietro le quinte di eventi catastrofici, aiutando le vittime di gravi incidenti, terremoti, violenze domestiche sofferenti di Disturbo da Stress Post Traumatico (DPTS)
Oggi gli psicoterapeuti Emdr si sono messi al servizio della comunità e stanno portando avanti oltre 176 interventi in collaborazione con la Protezione civile e vari enti locali, aiutando anche il personale sanitario coinvolto. Chi meglio di loro può sapere come affrontare le paure che ci minacciano? Quanto all’Emdr, (Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) è un metodo innovativo, rapido ed efficace, che utilizza i movimenti oculari e altre forme di stimolazione per combattere disturbi legati a traumi e situazioni di stress estremo.
Ricerche con università internazionali hanno dimostrato l’efficacia dell’Emdr, che è raccomandato dall’OMS come metodo efficace per i problemi legati a stress e traumi, ed è utilizzato in tutto il mondo.
L’isolamento e la paura del contagio stanno creando molti disagi psicologici. Forse stiamo tutti soffrendo di un Disturbo da Stress Post Traumatico o DPTS?
In generale non direi. Il DPTS è una sindrome psicologica ben definita. Compare in condizioni di forte sofferenza mentale, quando è minacciata la nostra integrità psicofisica, quando siamo in pericolo di vita, e comporta disturbi psicologici come grave ansia, immagini dei momenti più brutti, che si ripresentano ripetutamente, e dei sintomi fisici come disturbi del sonno e stato di allerta. Nella pandemia da Covid-19 possono esserne state vittime le persone che si sono ammalate gravemente, sentendo vicina la morte, i loro famigliari più stretti, e le persone che hanno vissuto dei lutti, non potendoli neppure elaborare date le restrizioni.
Tutti però abbiamo avuto paura, e la stiamo ancora avendo…
Questa situazione può certo aver creato disagi anche alla popolazione sana che non ha subito gravi traumi. Lo stato di isolamento, la paura del contagio possono avere generato disturbi come ansie, depressioni, irritabilità, insonnia. Articoli pubblicati su riviste scientifiche confermano che la quarantena, se prolungata e non volontaria, può complicare situazioni di ansia, disturbi dell’umore, dipendenze. Noi siamo infatti una specie sociale e l’isolamento ci porta un senso di deprivazione e una perdita di contatto sociale che genera sofferenza dato che far parte di un gruppo e la vicinanza sociale sono legati ad un nostro antico senso di sopravvivenza.
Quali sono i rischi psicologici connessi alla fase 2?
Quando tutto sarà finito non potremo dire che, per la nostra psiche, sarà finita. La mente non può girare l’interruttore e riprendere la vita di prima. C’è bisogno di un’elaborazione per smaltire e far defluire lo stress, e questo richiede del tempo, che può essere diverso per ciascuno di noi. Va considerato un altro importante fattore. Alle tensioni dell’isolamento si aggiunge il senso di perdita. Ci si rende conto di quanto si sia perso nei due mesi di lockdown: contatti sociali ma anche opportunità di lavoro, risorse finanziare. Tutto ciò ha un impatto molto negativo a livello psicologico.
Come possiamo prepararci a ripartire?
Bisogna farlo gradualmente. Così come non si riprende subito la vita di prima nelle città, anche noi dobbiamo riabituarci un po’ alla volta. Va detto però che, così come il corpo, anche la mente ha un suo sistema immunitario che tende naturalmente alla guarigione.
Significa che le capacità di elaborare questo vissuto difficile è in nostro potere, ma tutto dipende dalla nostra storia e dalle risorse che sappiamo mettere in campo.
Può suggerirci una strategia adatta?
Una strategia per ripartire è cercare nella storia personale episodi del passato in cui siamo stati messi alla prova e chiederci: < Cosa mi ha aiutato di più in quel frangente? Qual è stata la visione, il pensiero, il messaggio che mi ha permesso di superare quel momento?> Può essere stata la determinazione, l’aver creduto in un progetto. Possiamo utilizzare le risorse già presenti nel nostro bagaglio di vita e che si sono dimostrate efficaci in altre occasioni.
Quanto contano i pensieri e le emozioni?
Contano molto. Un’altra importante strategia per superare questo momento è entrare in contatto con le nostre emozioni: senso di solitudine, sconforto, rabbia, frustrazione. Chiediamoci a quali pensieri sono associate queste emozioni: <Non ce la farò mai>, <Cosa mi hanno fatto?> Questi pensieri negativi che non lasciano scampo, catastrofici, vanno modificati perché hanno un impatto fortissimo sulle emozioni. Quello che ci diciamo, il nostro dialogo interiore, soprattutto se negativo, ha la meglio anche sulle rassicurazioni degli altri. Sentirsi dire <Andrà tutto bene, stai tranquillo> non serve a niente se continuo ad avere gli stessi pensieri. Il concetto è che siamo in una situazione che non dipende da noi, non possiamo cambiare le condizioni esterne ma possiamo invece cambiare il nostro dialogo interiore. E’ importante stare nella situazione, viverla per quella che è. Nel frattempo prendersi il tempo di rielaborarla e accettare i sentimenti di frustrazione, senza però coltivarli con un continuo rimuginio in modo catastrofico.
Ma in pratica come possiamo affrontare la fase 2?
Come Primo consiglio è importante darsi delle priorità. Il 4 maggio apriranno delle attività ma non altre. Utilizziamo questo tempo per scegliere le cose che vogliamo fare, ma con gradualità. Non potremo vedere tutti gli amici, decidiamo la persona che ci piacerebbe incontrare per prima. Secondo consiglio, riconosciamo i sentimenti di rabbia inevitabili, legati alla paura e al senso di costrizione. In genere in queste situazioni si cerca di dare un senso alla rabbia, e uno dei modi è trovare un colpevole, può essere la Cina, l’OMS o il runner di turno su cui dirigere la nostra frustrazione.
Per dare un senso invece potremmo vedere tutto quello che è successo come un evento più grande di noi e di chiunque. Essere consapevoli che tutti hanno fatto del loro meglio e che, a volte, ci sono situazioni che sono fuori del controllo di chiunque. E’ importante tenere sempre presente che, anziché cercare dei colpevoli, dobbiamo focalizzarci sulle cose concrete che si possono fare e si stanno facendo per risolvere quello che dipende da noi.
L’isolamento può averci creato fobie?
Sì, bisogna fare attenzione ai rischi dell’evitamento, ed è il terzo consiglio. Essendo stati a lungo isolati potremmo far fatica a uscire, fino a non voler uscire più. Queste situazioni sono un terreno di coltura per le fobie, finché ci si rinchiude in una gabbia. L’antidoto è reagire, ricominciare gradualmente a uscire, mascherine e tutto ma senza farsi ossessionare. Potrebbe esserci invece la reazione opposta, dove cerchiamo di recuperare facendo tutto quello che ci è stato vietato in modo da compensare. Questo è quello che ci può mettere di nuovo in pericolo ed esporci al rischio di venir contagiati. E’ importante ricordare che con le aperture della fase 2 non vuol dire che il rischio sia finito. Se non si seguono le indicazioni e le regole, potremmo essere ancora più esposti al contagio.
Quando è il caso di chiedere un supporto psicologico?
Se si fa fatica a riprendere, se si hanno episodi di attacchi di panico, collera, depressione. O se si è deteriorata la vita di coppia o di famiglia e la convivenza è diventata difficile. http://www.emdr.it
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